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Comporre a mano

In Tipoteca i visitatori in genere notano da subito la presenza di banconi con numerosi cassetti. I banconi sono fondamentali per il lavoro della composizione a mano. Per usare un’analogia con gli strumenti odierni, la cassa con dentro i caratteri rappresenta la “tastiera” del tipografo: i caratteri vanno tenuti nelle casse, così ogni segno rimane separato dagli altri nelle apposite caselle. In ogni cassa, oltre alle lettere maiuscole e minuscole (comprese le vocali con gli accenti), devono esserci i numeri, la punteggiatura, i simboli da usare (§, $ ecc.) e la spaziatura di una sola grandezza (ad es. 10, 12, 14 punti). Fin da Gutenberg, i caratteri per la composizione dei testi erano blocchetti di metallo di varie dimensioni (corpi) e stili, tenuti in casse distinte. La scelta di produrli in metallo fu quasi scontata: a differenza del legno che deve essere inciso a mano, questa lega, composta da piombo, stagno, antimonio, può essere fusa, pertanto con un apposito stampo (chiamato matrice) si potevano realizzare tanti caratteri uguali della stessa lettera o segno. Chi compone a mano allinea i caratteri sul compositoio, da sinistra a destra, a formare le parole e le righe di testo, inserendo anche gli spazi. Tutte le righe di caratteri che compongono una pagina devono avere la stessa lunghezza, chiamata giustezza. Per comporre una sola pagina di un libro serviva un numero elevato di caratteri. Chi componeva a mano, non disponeva nella cassa di un numero sufficiente di tipi per preparare le forme di tutte le pagine di un libro, ma doveva procedere componendo le facciate, ad esempio 2, 4, 8 facciate, presenti nel lato frontale di un foglio da stampa, imprimere il numero di fogli richiesti per la tiratura del libro e infine scomporre i caratteri di quelle facciate per procedere nella composizione delle facciate dei fogli seguenti. Un’ultima, fondamentale precisazione: la lettera o il segno grafico presente sulla testa dei caratteri è specchiato rispetto al verso di lettura.